Per la nostra tradizione la cucina e il cibo sono di fondamentale importanza, permettono di ricollegarci alle origini e agli affetti. In un periodo come quello che stiamo vivendo la cucina è luogo privilegiato, di amore e di attivazione. Ma è sempre importante osservarsi e ascoltarsi: impariamo a sentire cosa proviamo mentre facciamo qualcosa e scopriremo molto su noi stessi.
Come capire cosa rappresenta il cibo per ognuno di noi?
Esso è da sempre simbolo di affetto, di unione, veicolo per le relazioni. Nell’ odierna situazione, in cui tutto è cambiato velocemente e dove ognuno deve mettere in atto le proprie ottimali risorse per farvi fronte, ci si ritrova spesso online tramite Skype o WhatsApp per condividere ancora momenti come l’aperitivo o la cena. È un modo per non perdere le vecchie e rassicuranti abitudini, per coltivare legami e per sentirsi un po’ meno soli e soprattutto vicini. Si brinda in gruppo a quello che verrà, si condividono ricette e si mangia insieme. Dunque il cibo unisce e molte volte consola, colma vuoti. Cucinare e preparare piatti gustosi ha un effetto terapeutico: coinvolge la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto e il gusto che entrano in gioco già durante la preparazione. Rappresenta un’esperienza unica, che consente di integrare contemporaneamente i nostri sensi e le nostre sensazioni, un atto di essere riflessivo di per sé, in quanto implica un’attivazione comportamentale che impedisce di pensare troppo.
Secondo alcuni studi, infatti, esiste un collegamento tra una dieta sana e l’ormone della felicità, la serotonina. Proprio per determinare la stimolazione di questo ormone, mangiare può essere un atto d’amore verso sé stessi in momenti di noia, ansia, stress. Il cibo quindi può riempire vuoti emotivi e temporali. Ma come facciamo a capirlo?
Ad esempio da ciò che mangiamo. Ci capita di mangiare quello che capita e a tutte le ore. La soluzione è che prima di prendere qualsiasi cosa dalla dispensa ci si deve fermare un attimo e prendere contatto con sé stessi, chiedersi come ci si sente e quale emozione si sta sperimentando.
Ancora possiamo capirlo dal modo in cui mangiamo. Magari lo si fa velocemente, senza gustare. La soluzione sta nel concentrarsi sensorialmente sul cibo. Mentre si mangia proviamo a sentire il cibo nella bocca: la consistenza, il gusto e continuiamo a masticare in modo lento, seguendo mentalmente il percorso del cibo dentro il nostro corpo.
Possiamo capirlo anche dalla tipologia di cibo che preferiamo. Solitamente carboidrati e dolci si consumano di più in momenti di calo dell’umore, proprio perché stimolano la produzione di ormoni che ci fanno stare bene anche se momentaneamente.
Mangiare non è un semplice gesto meccanico, per noi tutti non significa unicamente soddisfare una necessità fisiologica. Anche il solo pensiero del cibo evoca in noi delle sensazioni che sono il frutto dell’attivazione di specifiche aree cerebrali. All’epoca della Diet Industry e del disorientamento più totale creato da essa e da tutto ciò che gli ruota attorno, è sempre più frequente quella che viene definita Food Addiction, cioè dipendenza dal cibo. In particolare, dai primi risultati di uno studio condotto dalla BRF (Brain Research Fondazione Onlus) sul comportamento alimentare e sulla food addiction, è emersa una correlazione tra dipendenza da cibi dolci o grassi e sintomi depressivi (componente ansiosa, depressiva, disturbi del tono dell’umore).
Prescrivere diete senza tenere conto degli aspetti psicologici è pertanto inutile e controproducente, porsi con atteggiamento giudicante è controproducente . Cercare di delineare la personalità di chi ci troviamo davanti e stabilire una relazione empatica, di ascolto attivo, di accoglienza, mai frettolosa, partecipata e che in ultimo fornisca consigli concreti per promuovere il cambiamento, è di fondamentale importanza.
Le parole chiave sono gratificazione, appagamento, ripristino dei segnali fisiologici di stop, eliminazione del disordine alimentare, miglioramento dello stato nutrizionale e dell’alimentazione. L’obiettivo è elaborare un piano nutrizionale che non sia perfetto, ma sostenibile e senza dubbio equilibrato.
Vediamo alcuni consigli utili.
Per allenare i segnali di stop :
- Alimenti monoporzione
- Piatti e bicchieri da portata non troppo capienti, in modo da poterli riempire completamente (l’impatto visivo è molto importante)
- Aumentare il volume degli alimenti aggiungendo verdura, saziante, ad alto contenuto di fibra e con apporto calorico irrisorio
- Allungare la durata del pasto masticando lentamente in modo da consentire alle molecole di raggiungere i centri della fame e della sazietà ipotalamici
- Rallentare i tempi di svuotamento gastrico , mantenere la glicemia costante e quindi il senso di sazietà aggiungendo fibra, grassi come olio extra vergine di oliva e abbinando i carboidrati con le proteine
- mangiare verdura cruda o cotta ad inizio pasto , in particolare verdura amara che dà un maggiore senso di sazietà
- bere tè caldo durante il pasto o consumare brodo caldo come nella tradizione orientale
- utilizzare spezie dal sapore deciso o piccante
- frutta a fine pasto, da chi ben tollerata, è un chiaro segnale di stop e aumenta la sazietà
- tè e tisane calde
Per eliminare il disordine:
- organizzare la giornata in 5 pasti (non dimentichiamo il timing di secrezione ormonale) : colazione, pranzo, cena e spuntini di metà mattina e metà pomeriggio . Gli spuntini possono non rispettare questi orari e possono essere facoltativi, bisogna sempre tenere in considerazione le esigenze e le peculiarità della persona
- stabilire gli orari dei pasti
- stabilire composizione e durata dei pasti, secondo regole personalizzate
- allargare la dieta, variare il più possibile le scelte e non restringere il campo a pochi alimenti
Per sentirsi gratificati, oltre ai pasti principali ben strutturati, alcune deroghe di qualità agli spuntini o dopo cena :
- una tazza di latte caldo con cacao amaro
- 25 g di cioccolato fondente con almeno il 75% di pasta di cacao
- 2-3 biscotti integrali o fette biscottate integrali con miele o marmellata a ridotto contenuto di zuccheri
- 15 g di frutta secca (mandorle, noci, nocciole, ecc)
- Yogurt bianco o yogurt greco fino al 2% di grassi con cioccolato fondente o frutta secca o frutta fresca
- Dolci fatti in casa, porzionati, a ridotto contenuto di farine raffinate e zucchero
Con il prezioso contributo della Dottoressa Alessia Caselli, Psicologa clinica del ciclo di vita